Forever Lost

Ogni qualvolta mi perdo dietro di te, di voi e conseguenti manie depressive. Ogni volta comincio a scrivere dell'infinità che c'è dietro, dell'impossibilità di perderla per la via. Ogni volta mi chiedo come accade, come posso farcela a non smollicarmi per strada. Ogni volta qui mi ritrovo. E da qui mi perdo.

sabato 27 novembre 2010

senso di appartenenza e poi che questo possa servire

Era il momento che la mia testa avrebbe deciso che quello e solo quello; la voglia di far girare bene le cose. quanto meno di iniziare a volerlo.
Ed ecco imbattermi, nel momento esatto. sbattermi esattamente in esso, quando si dice: volere le cose! la potenza della mente!
Appartengo a certe situazioni solo nella mia testa, lì c'è tutt'altro che qui, lì -nel mio cervello solamente- il momento era perfetto, l'inizio di qualcosa voluto.
Come sempre è, qui fuori c'è altro. Per colpa di nessuno, per cattiveria di niente, non avercela con nessuno è il peggiore degli stati: io ce l'ho con la vita stessa, con la difficoltà di viverla, lo sbattimento continuo di anni per avere briciole, è come sfornare quintali di pane al giorno, morire di fame e non poterne mangiare che un pezzettino...
Così con te, un secondo che è sembrato dare alla mollica il sapore più buono e placebico (?) che sia esistito da quest'altra parte.
Tutta una questione di emisfero calpestato, quando frequenti quello della mente l'impatto con le ostilità, nella parte in cui si muove il corpo, sono debilitanti e dolorose.
Io ero con te in quell'istante, l'unico in cui mi sono concesso un viaggio nell'altra parte dandomi fiducia perché realmente convinto di voler provare; lo facevo in realtà da giorni, prima di te, mi convincevo ad un approccio più tranquillo nella realtà, un occhio meno cinico o quantomeno un occhio meno analitico...
L'ho fatto e, per un minuto,lo stargate che unisce i due mondi si è aperto generdando benessere infinito, voglia passione, attaccamento. importanza.
Come nulla fosse, come se da questa parte non ci fosse un tipo che non riesce ad amare neanche se stesso, ma ci fosse un quindicenne che si innamora di una che neanche conosce, che ride e ride dio solo sa quanto, ed è vitale nella realtà esterna, una che per un attimo ti fa mandare a cagare quel pessimismo cosmico che hai da anni, che ti fa finire la giornata con la voglia di rifare tutto uguale a com'è stato, che non puoi neanche guardare per quanto ti piace...
Da qui il cerchio si chiude, lo stargate anche, resta la sensazione di aver sfiorato la nota mai ascoltata né suonata da nessuno, per un attimo...che per un attimo lei abbia scelto te, solo te per poi disperdersi altrove e premiare qualcun'altro di passaggio.
Io, spalle alla realtà, davanti la dimensione ormai gelatinosa del passaggio creato dallo stargate verso "casa", mi fermo pensando di aspettare un po', forse qualcuno, o lei proprio, può ancora trovarti; mi giro aspettando, della sigaretta non rimane molto e fa freddo...poi pensandoci bene mi dico: "qualcuno una volta è già uscito a cercarti" ma è un attimo, analizzando i ricordi anche in quell'occasione non andò così.
Butto la sigaretta e comincio a camminare.
Per rimanere in equilibrio bisogna muoversi.

sabato 20 novembre 2010

umido, accogliente involucro invernale.

Odore sulle mani e sui vestiti, ti ricorda qualcosa? senzo di deja vu?
E' esattamente questo a far da sentore, ed è strano ed inquieto, la paura, sempre lei lì nelle tue cose come un buon ricordo.
Un virus, e la sconcertante idea che tanto stai sbagliando comunque...ma quando ti sposti i capelli per mostrarmi la parte di viso coperta io, io mi lascio andare come naturale fosse; le mani, la bocca fanno ciò che a loro non sembra alieno, ti cercano e ti trovano, ti perdono e continuano a cercarti...tu per gioco o per indole stai lì che ridi e fai finta che tutto sia inutile e naturale. così non è. 
Tutto sembra per te un'abitudine, una semplice normale quotidianità, una cosa tra le tante. Io tra le tante cose non saprei che farci e non saprei dove metterti, né come fare.
Ecco che qui si genera quel gap che mi fa stare così ai margini dell'esistenza, non essendo abile nel capire e nel gestire le dinamiche degli esseri umani.
Tutto è così ostile, ma quest'odore vorrei che non mi si levasse per un po'.

giovedì 11 novembre 2010

show me.

L'effetto che ti fanno determinati particolari, quando li metabolizzi e li rendi reali e all'attenzione, è sconcertante.
Il corridoio di casa mia, che va dal bagno alla mia camera, ha assunto -in questo momento che formulo giri di fumo nella testa,- un valore ed una simbologia che non credevo. Lo percorro da secoli, da tutta la mia vita, è questo è triste; adoro la luce che lascia intravedere dalla mia camera, è quella luce stile vecchie foto, altri meteriali d'impressione; è una gabbia, una rotaia dalla quale non puoi allontanarti, devi seguirla se vuoi muoverti, altrimenti puoi rimanere fermo (paura); non ci incontro quasi mai nessuno, lo percorro di corsa, come si percorre un passaggio a livello.
Questo sintomo ha, per me, significato particolarmente preoccupante. Anche solo uscire dai quei binari mi fa star male, sento un chiudersi tutto intorno, perché qualcuno non fa qualcosa? "devi farlo  tu!" magari verrebbe da rispondere ai più audaci, ma dico: cazzo! si può mai chiedere ad uno che muore di salvarsi da solo? Qualcuno ha mai detto ad un amico mentre stava perdendo fiato e battiti: "salvati! solo tu puoi farcela!"? Lo hanno detto a Gesù Cristo, se non ricordo male ma invocavano l'intervento del Padre ed era per lo più una presa per il culo.
Non credo ci si comporterebbe così. Quantomeno, che si lasci morire in pace senza aiuto, in un verso o nell'altro, che ci sia silenzio dalle voci senza melodia e strumenti.
"è un vuoto ricolmo di impazienza,
è uno scricchiolio d'ossa che ancora si muovono;
tutto muove verso quel vuoto da riempire solo col proprio corpo"

lunedì 1 novembre 2010

Ashes.

La mancanza, o l'assenza di essa, crea vortici e pensieri complicati. Non sono qui a volerli risolvere -non sono adatto a questo,- voglio solamente che essi scorrano su di me il più possibile, con qualsiasi conseguenza, con qualsiasi cicatrice.
Vivo un'esistenza inutile e faticosa, banale ed illusoria. non per me, per la proiezione che; alzarmi la mattina imponendomi di non odiare ciò che faccio, non insultarlo o sminuirlo, per non rischiare di immobilizzarmi ancora e ancora; sforzarmi di non pensare a ciò che andrò a fare perché il mio cervello lo distruggerebbe in 20 secondi buoni. tutto questo è esageratamente pesante se consideriamo che sono le 8 di mattina. credo di sì.
A rimanere è sempre qualcosa di te, qualcosa che c'era allora e sai esserci anche adesso, solo questo il filo conduttore. questa la consolazione. Perdersi ogni giorno e ritrovarsi in costanti immagini di noi stessi dentro gli occhi, fa male ma ti tiene ancora qui a scrivere, dispera e dà coraggio.
E' come allora quasi inverno, quasi casa, quasi amore.