Forever Lost

Ogni qualvolta mi perdo dietro di te, di voi e conseguenti manie depressive. Ogni volta comincio a scrivere dell'infinità che c'è dietro, dell'impossibilità di perderla per la via. Ogni volta mi chiedo come accade, come posso farcela a non smollicarmi per strada. Ogni volta qui mi ritrovo. E da qui mi perdo.

venerdì 31 dicembre 2010

Blondie.

Non c'è felicità che non si accompagni con la sofferenza, inscindibilmente. Ma c'è sofferenza che si accompagna a se stessa. e basta.
Quando hai da rallegrati ti ritrovi al bagno, da solo, a piangere per non si sa quale commistione di cose, di odori e colori, ma piangi; ascoltando un vecchio lp che è di solo 3 anni fa, ma sembra una vita.
io non ho mai colmato i vuoti con le persone, con l'amore, loro con me sì e si sono sfamati; a pensarci bene credo di non aver proprio colmato alcun vuoto, di averceli tutti lì in bella mostra sullo scaffale che scricchiola, e pesano, dio se pesano.
Vorrei alleggerire il carico, spostarli di mensola farli vedere a qualcuno come trofei, ma non c'è mai tempo, lepersone non si interessano a certe cose, a loro non interessa cos'hai dietro e dentro.
Mentre camminavo con ipod, cuffie e mi facevo scaldare la faccia dal sole, ho avuto paura di non farcela di perdermi per sempre, che stessi muovendomi in un processo pericoloso alla fine del quale c'è la pazzia o la morte; poi ha cambiato canzone e tutto è migliorato.
"Andrà tutto bene", ancora aspetto di sentirmelo dire, intanto lo faccio da solo.

martedì 14 dicembre 2010

quei tre lì.

Come fantasmi ormai passeggiano nel luna park che è lo spazio nel mio cranio, il 10 era il suo anniversario...anniversario un cazzo, mortiversario, ricordo orribile, altro che anniversario, altro che data da immortalare o scrivere sul diario.
Inevitabilmente finiscono tutti per ricoprire un pezzo importante, nonostante il sangue fuoriesca solo evocando una lettera o ripensando a come camminavo uscendo da quell'appartamento; non camminavo, sembrava piuttosto che stessi su delle scale mobili, che si muovesse il paesaggio intorno stile orror stop-motion.
Io che con la mia testa non capivo quel gesto, non capivo la sofferenza, io che dopo le ho attribuito coraggio ed onestà (continuando a non capire un cazzo); io che adesso mi mangio le mani per il mio tardismo, per arrivare in ritardo preparato su tutto ciò che succede alla mia vita...sempre, è come una maledizione santocielo. Non sarò mai pronto per il mio presente, forse potrei per il mio passato, mai per il mio presente.
Io che da adolescente avevo promesso, prima di finirci anche io, poi di raggiungerlo presto (perché mi piaceva l'idea), in fine che avrei vissuto anche per lui; poi, invece, mi sono semplicemente lasciato prendere dai miei fantasmi: quegli altri due che poi nel titolo sono.
Due donne così estreme, così assurde, nella loro unicità da accompagnarmi per sempre in quella che sarà la sconfitta calcolata più inutile di tutte le vite.
Io ho amato che lei conoscendomi si fosse stampata a fuoco sulla pelle quel "un buon inizio", ma in ritardo come sempre allora non le davo il peso giusto; amo il ricordo di come mi sono stretto all'islanda e a loro, grazie a quell'amore freddo capace di riscaldare come niente qui. Ma a parlare sono io, adesso, preparato per il passato, ma incapace a capire l'adesso.
E così via, altro tassello mancante all'appello fatto oggi, così ecco dovermi rimettere a paro con ciò che era, ma non con ciò che è. Via di corsa, ti vedo nei sogni scappare ad ogni mio sguardo con senso di rimbrezzo come fossi verde e con la bava alla bocca...
Poi la storia più veloce del secolo, la passione più bella del secolo, più bella dello stesso secolo per intero...stessa immagine sulla pelle, loro due che non si conoscevano neanche, stupore e il mio conseguente voler essere all'altezza del presente, tramutatosi in voglia trascinante di dare e dare e dare ciò che non potei, di dimostrarmi all'altezza, pensando fossero tutte uguali solo per lo straordinario motivo che era quel segno sul corpo.

Sono due notti che ho ripreso ad ascoltare a tutto volume gli Explosions nel letto sotto le coperte
al buio, fissando la finestra e aspettando non si sa quale niente profondo.

Ora, per sempre, qui loro tre sono nel mio presente, fortemente presenti, e non andranno via dal mio futuro neanche un po', forse sbiadiranno un tantino, ma sarò pronto a sanguinare e duolere per dar loro nuova lucentezza; per dare a quell'immagine, che ci unisce tutti senza che ve lo possiate immaginare, vita ogni giorno. dandogliela con la mia vita.


lunedì 6 dicembre 2010

Haiku (俳句)

La neve prima o poi se ne va.
La sensazione di bianco negli occhi, no. rimane.
Cambiarsi d'abito non serve, se poi tutto passa.
Forse un paio d'occhiali, forse una paio di coperte.
Il gelo esiste perché ci si ricordi di essere vivi.
Gli addii esistono per lo stesso motivo.
La mente agisce come le stagioni, niente di più normale.
Allora perché vorrei fermare la tua testa su questa stagione, mentre sul clima di domani non ho interesse?

sabato 27 novembre 2010

senso di appartenenza e poi che questo possa servire

Era il momento che la mia testa avrebbe deciso che quello e solo quello; la voglia di far girare bene le cose. quanto meno di iniziare a volerlo.
Ed ecco imbattermi, nel momento esatto. sbattermi esattamente in esso, quando si dice: volere le cose! la potenza della mente!
Appartengo a certe situazioni solo nella mia testa, lì c'è tutt'altro che qui, lì -nel mio cervello solamente- il momento era perfetto, l'inizio di qualcosa voluto.
Come sempre è, qui fuori c'è altro. Per colpa di nessuno, per cattiveria di niente, non avercela con nessuno è il peggiore degli stati: io ce l'ho con la vita stessa, con la difficoltà di viverla, lo sbattimento continuo di anni per avere briciole, è come sfornare quintali di pane al giorno, morire di fame e non poterne mangiare che un pezzettino...
Così con te, un secondo che è sembrato dare alla mollica il sapore più buono e placebico (?) che sia esistito da quest'altra parte.
Tutta una questione di emisfero calpestato, quando frequenti quello della mente l'impatto con le ostilità, nella parte in cui si muove il corpo, sono debilitanti e dolorose.
Io ero con te in quell'istante, l'unico in cui mi sono concesso un viaggio nell'altra parte dandomi fiducia perché realmente convinto di voler provare; lo facevo in realtà da giorni, prima di te, mi convincevo ad un approccio più tranquillo nella realtà, un occhio meno cinico o quantomeno un occhio meno analitico...
L'ho fatto e, per un minuto,lo stargate che unisce i due mondi si è aperto generdando benessere infinito, voglia passione, attaccamento. importanza.
Come nulla fosse, come se da questa parte non ci fosse un tipo che non riesce ad amare neanche se stesso, ma ci fosse un quindicenne che si innamora di una che neanche conosce, che ride e ride dio solo sa quanto, ed è vitale nella realtà esterna, una che per un attimo ti fa mandare a cagare quel pessimismo cosmico che hai da anni, che ti fa finire la giornata con la voglia di rifare tutto uguale a com'è stato, che non puoi neanche guardare per quanto ti piace...
Da qui il cerchio si chiude, lo stargate anche, resta la sensazione di aver sfiorato la nota mai ascoltata né suonata da nessuno, per un attimo...che per un attimo lei abbia scelto te, solo te per poi disperdersi altrove e premiare qualcun'altro di passaggio.
Io, spalle alla realtà, davanti la dimensione ormai gelatinosa del passaggio creato dallo stargate verso "casa", mi fermo pensando di aspettare un po', forse qualcuno, o lei proprio, può ancora trovarti; mi giro aspettando, della sigaretta non rimane molto e fa freddo...poi pensandoci bene mi dico: "qualcuno una volta è già uscito a cercarti" ma è un attimo, analizzando i ricordi anche in quell'occasione non andò così.
Butto la sigaretta e comincio a camminare.
Per rimanere in equilibrio bisogna muoversi.

sabato 20 novembre 2010

umido, accogliente involucro invernale.

Odore sulle mani e sui vestiti, ti ricorda qualcosa? senzo di deja vu?
E' esattamente questo a far da sentore, ed è strano ed inquieto, la paura, sempre lei lì nelle tue cose come un buon ricordo.
Un virus, e la sconcertante idea che tanto stai sbagliando comunque...ma quando ti sposti i capelli per mostrarmi la parte di viso coperta io, io mi lascio andare come naturale fosse; le mani, la bocca fanno ciò che a loro non sembra alieno, ti cercano e ti trovano, ti perdono e continuano a cercarti...tu per gioco o per indole stai lì che ridi e fai finta che tutto sia inutile e naturale. così non è. 
Tutto sembra per te un'abitudine, una semplice normale quotidianità, una cosa tra le tante. Io tra le tante cose non saprei che farci e non saprei dove metterti, né come fare.
Ecco che qui si genera quel gap che mi fa stare così ai margini dell'esistenza, non essendo abile nel capire e nel gestire le dinamiche degli esseri umani.
Tutto è così ostile, ma quest'odore vorrei che non mi si levasse per un po'.

giovedì 11 novembre 2010

show me.

L'effetto che ti fanno determinati particolari, quando li metabolizzi e li rendi reali e all'attenzione, è sconcertante.
Il corridoio di casa mia, che va dal bagno alla mia camera, ha assunto -in questo momento che formulo giri di fumo nella testa,- un valore ed una simbologia che non credevo. Lo percorro da secoli, da tutta la mia vita, è questo è triste; adoro la luce che lascia intravedere dalla mia camera, è quella luce stile vecchie foto, altri meteriali d'impressione; è una gabbia, una rotaia dalla quale non puoi allontanarti, devi seguirla se vuoi muoverti, altrimenti puoi rimanere fermo (paura); non ci incontro quasi mai nessuno, lo percorro di corsa, come si percorre un passaggio a livello.
Questo sintomo ha, per me, significato particolarmente preoccupante. Anche solo uscire dai quei binari mi fa star male, sento un chiudersi tutto intorno, perché qualcuno non fa qualcosa? "devi farlo  tu!" magari verrebbe da rispondere ai più audaci, ma dico: cazzo! si può mai chiedere ad uno che muore di salvarsi da solo? Qualcuno ha mai detto ad un amico mentre stava perdendo fiato e battiti: "salvati! solo tu puoi farcela!"? Lo hanno detto a Gesù Cristo, se non ricordo male ma invocavano l'intervento del Padre ed era per lo più una presa per il culo.
Non credo ci si comporterebbe così. Quantomeno, che si lasci morire in pace senza aiuto, in un verso o nell'altro, che ci sia silenzio dalle voci senza melodia e strumenti.
"è un vuoto ricolmo di impazienza,
è uno scricchiolio d'ossa che ancora si muovono;
tutto muove verso quel vuoto da riempire solo col proprio corpo"

lunedì 1 novembre 2010

Ashes.

La mancanza, o l'assenza di essa, crea vortici e pensieri complicati. Non sono qui a volerli risolvere -non sono adatto a questo,- voglio solamente che essi scorrano su di me il più possibile, con qualsiasi conseguenza, con qualsiasi cicatrice.
Vivo un'esistenza inutile e faticosa, banale ed illusoria. non per me, per la proiezione che; alzarmi la mattina imponendomi di non odiare ciò che faccio, non insultarlo o sminuirlo, per non rischiare di immobilizzarmi ancora e ancora; sforzarmi di non pensare a ciò che andrò a fare perché il mio cervello lo distruggerebbe in 20 secondi buoni. tutto questo è esageratamente pesante se consideriamo che sono le 8 di mattina. credo di sì.
A rimanere è sempre qualcosa di te, qualcosa che c'era allora e sai esserci anche adesso, solo questo il filo conduttore. questa la consolazione. Perdersi ogni giorno e ritrovarsi in costanti immagini di noi stessi dentro gli occhi, fa male ma ti tiene ancora qui a scrivere, dispera e dà coraggio.
E' come allora quasi inverno, quasi casa, quasi amore.

domenica 24 ottobre 2010

when the clouds.

Perdere se stessi in giro, in mezzo alle persone, dietro a dei jeans stretti e cose così. oramai lascia un senso che poco ha di normale, una sensazione di perdita di contatto. una voglia irrefrenabilmente astratta, un urlo soffocato dove tu sei fra i denti.
Troppe volte mi chiedi come sarebbe stato se fosse stato adesso, sarebbe ancora e ancora. Il mio essere pronto è sempre in ritardo sui tempi e sulle esigenze, sempre tardo. Ora qui pronto per niente, prima lì non adatto a quel tutto. una frustrazione assurda, un continuo confronto con una caduta dolorosa, una ferita che non sembra rimarginarsi.
Una canzone, ancora una volta, mi salverà. spero.

martedì 19 ottobre 2010

ho una costante.

Il dilemma è questo: sono simpatico alle persone nella parentesi di un' interazione, nel puro vivere accanto; nel momento in cui posso ricevere giovamento dalle persone (ovvero possano fare qualcosa che mi sia utile o vantaggioso), ecco qui che escono fuori invidie, gelosie, fastidi e conseguenti ritorsioni.
Il tutto condito da una buona dose di ipocrisia, furbizia, rimanendo nascosti dietro i vari sorrisi e le cazzate che la mia figura esercita e suscita.
Non so realmente il processo chimico qual è né, tantomeno, quale sia la caratteristica che faccia sorgere tali pensieri e tali sentimenti. Fiutano il marcio? i miei pensieri mi si leggono in fronte, per questo reagiscono quasi tutti così?
Allora io mi stanco e aggiungo alla mancanza di, il suo tutto fino a raschiare il fondo...fino a che quello che raschio non siano altro che le mie ossa sotto le unghie. Scavando escono fuori troppe cose sporche, dimenticate o non immaginate, così è: il mio cinismo e la mia cattiveria (a sporcare), la voglia di essere qualcos'altro che ora non piace e non serve (per il dimenticato), la paura e il bisogno di avere qualcosa che ti sappia in tutto e per tutto, con cui dire: "non ci sanno".
Dinanzi a questo vacillo, lobotomizato com'ero e sono, da un'esistenza solipsistica ed egocentrica al paradosso negativo del tutto; ma non è un vacillare come dovrebbe, no, è la solita immobilità. Torna a fasi alterne, si fa sentire, poi scappa per lunghi periodi, poi telefona e accorcia la distanza, poi viene a trovarmi e rimane da me per tempo e modo indeterminati, fa male e scalfisce tutto anche le ossa di cui sopra.
Si muore soli e ci si vive anche. qualche volta.

domenica 17 ottobre 2010

quisque faber fortune...un par de palle.

Un buon inizio, cosa? dove? quando e come?
Cominciamo bene cioè che si voleva essere un "buon inizio", al solito epifania al sapore di asfalto per il mio corpo, costretto di nuovo a rialzarsi e convivere con delusione e dolore.
Credo che l'unica via sia: cambiare aria, per un po' o per sempre, ma cambiare aria...l'aria si è fatta pesantissima, le persone che vedo intorno non riesco a focalizzarle, ma solo a odiarle d'istinto subito, di rimando agli sguardi; vengo urtato dai suoni, dalle idee e dalla loro assenza, creati da altri esseri umani; non riesco mai -e dico mai- a sentirmi affine a qualcosa o qualcuno, c'è sempre un gap incolmabile tra tutto quello che ho in testa io e quello che dicono e provano gli altri, lì fuori. Che clamorose due palle.
Ma quand'è che basta?
Quand'è che mi decido a cambiare aria, oramai puzzo anch'io.

mercoledì 13 ottobre 2010

3055.

E' tutto qui, quello che so e sappiamo fare di noi? E' tutta vera la solitudine che si prova su un letto sapendo che si sta per morire?
Semplice da aprire fessure di follia nei muri, figuriamoci nella testa che di duro non ha molto; figuriamoci come saremmo noi lì sdraiati con gli occhi spenti e il respiro stanco, di aver vissuto poco, stanco di dover già lasciare qualcosa che noi non abbiam trovato, Lui sì.
E allora la banalità di chiedersi se vale la pena sbattersi per "una pausa dalla morte" che breve è, sconvolgendo anche il termine stesso.
E' uno scenario particolare per me, guardare persone amate in quel modo, certi sentimenti mi provocano stupore e rispetto; profondi interrogativi affollano la mia mente capace di percepire il dolore ma mai il sentimento che lo precede e lo genera insieme al negativo. La mia ricerca continua di comprensione, lì dove non è detto che arrivi, mi fa perdere contatto con la realtà e con le persone che rgravitano lì fuori...qui si sta così bene, vorrei entrasse qualcuno in questo momento esatto per vedere che anche i miei occhi son capaci di lacrime quando hanno delle cuffie e dei tasti...
Vorrei che si vedesse la mia anima e che non facesse paure se inadatta o poco all'altezza, vorrei non dovermi sforzare di provare le cose che provano tutti, vorrei on dover lottare per sentire qualcosa di "buon livello", vorrei non dover usare la fantasia a compensare i numerosi vuoti, - diomio.
Un saluto era d'obbligo, a te, poi a te e alla realtà che è stata abbandonata del tutto ma nella quale ho deciso di muovermi degnamente.

martedì 12 ottobre 2010

noi rincoglioniti

Passando per i soliti posti romani (si dice sia grande ma Noi ne abbiam visto sempre la stessa faccia); ecco, passando per lì si vedono molteplici aspetti verso i quali avere l'orticaria o verso i quali opporsi con tutto il proprio sè.
Tanizaki teorizzava sul nostro irritare alcuni sensi atrofizzandone altri: mancanza di armonia. Ecco noi siamo lo stereotipo, il soggetto al quale Tanizaki guardava mentre elaborava la sua teoria.
Questa è una città di violenti a partire dalla loro estetica aggressiva, di incazzosi repressi. Ogni qual volta me ne immergo, poi mi ripeto che non voglio rimanerci, poi mi do dello sciocco, poi mi deprimo; le fasi del lutto delle mie voglie.
Questa è un posto in cui nessuno è, tutti fanno la corsa ad apparire: nei centri commerciali a fingere di essere felici e con un po' di soldi, con la macchina a fingere di riuscire ad arrivare a fine mese, con le tasche vuote ma col televisore da 52", con i cervelli atrofizzati dalle marche e dalle televisioni a fingere...anzi no, a non fingere di essere svegli, ce lo spiattellate davanti agli occhi semplicemente.
Noi rincoglioniti ad aspettare di cambiare aria sorbendoci il pattume, aspettando qualcuno che forse doveva venire da noi ed invece, come sovente capita, non c'è.

giovedì 12 agosto 2010

Quella volta ti ho presa per il culo.

"non trovo il nord da nessuna parte".
Mi bastò questo per etichettarti come una decerebrata (insieme ad una moltitudine di altre mille infantilate). Ora lo sento più mio di quanto fosse tuo allora.
Non voglio pensare come ci sia rimasto il destinatario di quella mail: dolore, rabbia, incomprensione, confusione, offuscamento, disorientamento, labirintite, questo deve aver sentito, in un attimo preciso tutto. Io avrei barcollato con tutto questo dentro.
Se non fosse venuto da lei, se fosse stata un'altra a scrivere quella mail, sono sicuro che avrei spezzato lancie, avrei apprezzato fino a farla diventare un'icona nei miei pensieri. un esempio.

Ma quel cazzo di nord, è difficile da seguire o da immaginare di seguire. io non riesco. e mi sento legato e rinchiuso da me stesso, dalla mia testa bacata ma bacata seriamente non è una parola tanto per: c'ho un buco enorme!
Quella volta ho preso te per il culo, ora ci prendo me. Scrivere ste minchiate per darsi forza, per collocarsi in un immaginato possibile e attuabile solo per il fatto che è nero su bianco. fottutissimi pensieri che rimangono tali, andatelo a spiegare ai vari cantastorie amorosi, che non si può tutto con l'amore né si può tutto con il volere...cazzo.
Io vorrei tutt'altro ma sono qui una sera d'Agosto a scrivere su un computer sapendo che domani non avrò nulla da fare se non continuare a pensare a ciò che non andrò a fare. C'è qualcuno più sfigato di così? io non credo, no.

martedì 10 agosto 2010

Bless.

Tutto gira intorno ad un fiocco di neve, tutto cambia valore e significato come la luce che lo attraversa. tutto va via come lui, si scioglie, cola lungo qualcosa.
Non rimane mai nulla, solo il ricordo visivo di quel percorso tracciato dall'umidità, dalle molecole; e il ricordo della sensazione sulla pelle del fresco, della differenza di temperatura, più è ampio il gap più scioccante è il riviverlo. un sussulto.
Poi torni al presente illudendoti che un abbraccio sia ciò che cercavate, ma è tutto, sempre, nella tua testa. sbagliato.
E allora ecco che esce fuori lo schifo, messo in mezzo a sporcare sempre tutto in questo paese che vuole storie di culi, tette e tradimenti per sentirsi santo-subito; dalla gente che poveraccia non ha nulla se non il tentativo di dire che ha sbagliato perché gli altri sono merde.
Allora ecco che per la proprietà transitiva sei una merda anche tu, ed io qui che scrivo puttanate. Allora è meglio che da subito ti dica: "voglio fotterti", anche se non è il mio primo pensiero, almeno arrivo subito, e in caso di diffamazione almeno si avrà ragione su me e sul mio essere.

Io che adesso vorrei essere trovato, io che continuo a pensarlo ma che continuo a mettere piedi negli escrementi abbandonati lungo la strada consapevolmente, questo io, mi sento ridicolo e frustrato nel.

mercoledì 7 luglio 2010

Viaggio con le catene addosso

Queste note parlano, parlano di inespressioni, incomprensioni. Cantano alle tue orecchie prima, al tuo cervello dopo, cose che tu non muovi a fare, cose che esistono solo qui, dove tu riesci ad essere anche migliore. Parlano chiaramente non puoi non sentirle, non puoi ignorarle; divinità celata sui tasti di un pianoforti e sugli arrangiamenti che poi nel buio della solitudine sono.
Da lì che sento l'impossibile avvenire, grazie a quella natura per definizione; ci si attacca a tutto, alle lacrime per abbassare la pressione con la lancetta sul danger, altrimenti; poi di nuovo sogni di altro, immagini di te-non-te come hai sempre voluto, quel voluto come in una foto del passato ormai andato. perso.
L'immobilità torna a far visita con la sicurezza del suo dolore e dei suoi rimpianti, ogni volta non è niente se non la benvenuta.

lunedì 31 maggio 2010

intervento all'americana.

Mi sei venuta a trovare 'sta notte. Eravamo ad un consulto psicologico in coppia: che ci facevamo lì noi due che una coppia non siamo?
Era per riconciliare l'andato male, lo scomposto, l'incrinato, il rotto, il frantumato al suolo, il polverizzato dalle macerie; insomma l'inesistente ormai più. Al solito domande poste male, tentativi di cavare cose che incavabili, malizie espressive di chi ti siede davanti, parziali discorsi di parte con opinioni e giudizi inevitabili al genere umano: errori di valutazione poco inclini all'aiuto.
Si parlava di come ricomporre quell'inesistente di cui sopra, si recriminava ancora al tavolo di una pace che non si era raccontato come voluta.
Insomma prediche ai deserti, acqua nei bicchieri bucati fino a quando, l'intervento di una figura esterna dotata di capelli a caschetto credo di colore chiaro, non abbia sciolto i dubbi asserendo: " credo che sia posto male il tutto, il concetto dal quale partire è questo: siete qui, per l'esistenza di una vostra piccola parte che lo vuole". Niente da eccepire una semplice intuizione.
Dopo altre cose irricordabili, ti sei alzata e mi hai chiesto: "mi dai il tuo numero, come faccio a rintracciarti?". Ricordo di aver polemizzato di rimando qualcosa, ma la risposta più giusta ora sarebbe: "MAVAFFANCULO!"
Dormi bene Riccardo, dormi.

giovedì 27 maggio 2010

Un libro, un film, anzi, due: "danza!"

Ho perso la vena dello scrittore, prima ancora di averla trovata del tutto. e qui giù sconforto che tira sassolini sulla finestra di amarezza che ormai è fidanzata con sfiducia.

Oh, io sono fortunato come nessuno direbbe mai, mi viene spesso indicata la via, mi vengono spesso lanciati segnali -tipo i sassolini sulla finestra ma più casuali e senza preterintenzionalità- Il libri mi dicono di danzare, un film mi ripete di farlo perché chi non lo fa è una persona infelice e me lo ripete dalla bocca di lei, un altro cerca di combattere il mio rifiuto verso tutto e a spronare, quindi, a danzare. Tutto è metafora e tutto colpisce dove deve: come i sassolini che poi alla fine la fanno affacciare.
Ringrazio, tiro giù qualche lacrima e penso a chi ci sia dietro tutto ciò. Penso a come dovrei collegare io i miei fili, a come connettere le diverse cornette, a come non sbagliare numero un'altra volta, tutto complicatissimo. In quanto allo sforzo di pensare non sono secondo a nessuno, ciò che mi manca sono nozioni di "danza moderna", il ritmo ci sarebbe pure.

Ecco però che Makimura mi fa incazzare, per i personaggi così complessi e complicati, strani, da ritrovarcisi e specchiarcisi; però loro no, loro si buttano con facile difficoltà, i loro pensieri non bloccano, loro sono l'evoluzione del pensiero, e qui ci rimani di merda.

Allora io provo a danzare come lo farebbero loro, ma lo faccio sempre tra le mura della mia testa e quando riesco ad uscire mi sembra che abbia danzato qualcun'altro (e poi non oserei chiamarla danza è qualcosa di più rozzo e impacciato) e lo maledico per quasi tutto, o altre volte non provo più granché. La cosa più bella è stata la mattina sdraiato da solo al sole di villa Torlonia: ha qualcosa di speciale che non riesco a comprendere, entro lì e immagino una vita migliore, sempre mai che non sia così; le persone che vedo mi sembrano tutte degne d'attenzione e sorrisi. Ecco lì mi concedo un opzione al tasto erase e sempre lì.
Lì non ho amato, non ho ricordi di qualcuno o qualcosa, né di momenti felici. Forse è questo: anche lei dalla sua mi spinge a smettere di tirare sassi alla finestra e mi dice di muovermi verso l'inesplorato, mi dice: "danza!"


martedì 4 maggio 2010

Cosmic Love (Love you, Florence!)

Vi darebbe fastidio se nell'atto di fare l'amore per la prima volta con uno sconosciuto, lui avesse lì, pronti i preservativi?
Se fossi donna lo troverei fastidioso, come, essendo uomo, trovo fastidioso che loro non si risentano di questo. Sono strano? poesse.
Quindi si sappia che per me nulla è semplice, per me nulla è aria fresca; non lo era neanche quando i polmoni erano puliti e a piena capacità. Si sappia che posso rovinare tutto ciò che intravedo positivamente, tutto solo per il gusto di vederlo crollare, per paura o certezza di non esserne all'altezza. Devo cominciare con la meditazione trascendentale.

Ormai l'aria fresca o la leggerezza le vedo miraggi lontani. Troppo complicato quello che gira nella testa, troppo tutto. Mai troppo bello. Sempre troppo doloroso, anche quando non ce n'è motivo, anche quando il difficile sarebbe trovare del doloroso. Anche quando è tutto semplice: uscire di casa, incontrare una che dice di amarti, chiederle come sta, baciarla, camminare con lei, ridere, bere birra, tornare verso casa sua, ribaciarla, salire con lei, fare sesso e dormire con lei, alzarsi la mattina senza morte dentro, alzarsi e non provare nausea dal volto che hai vicino. Sempre la stessa storia.
Mi viene in mente di quanto non sia adatto a te né a nessun'altra, per mancanze mie, per assenza di dati positivi su me stesso. Qui è l'Africa dei sentimenti e delle sensazioni, qui manca tutto ma è e non è colpa nostra, c'è e non c'è la voglia che sia diverso, sarebbe e non sarebbe la stessa cosa se qualcosa cambiasse. Vorrei veramente prendere delle strade diverse, ma la mia lotta non so quanto di cosmico abbia e quanto margine di cambiamento mi sia dato e quanto sia solo sudore nel vuoto.
Da sempre provo ad affrontare i grandi dilemmi uno per volta, a risolverne (o meglio a vederne passare) uno per volta, ma sempre faccio un buco nell'acqua. E mi stupisco quando qualcuna persona mi trova interessante, dio solo sa quanto mi stupisco e quanto fingo di non esserlo. Diamine è assurdo! Se solo si sapessero i miei pensieri in quell'istante. Che risate.
Cioè, mi dico, io non faccio mai nulla e non sono mai nulla di così definito per poter suscitare interesse, non dimostro anche un solo briciolo di interesse per quelle persone (non credo di esserne così capace ultimamente), mi chiudo quasi sempre ormai non amo parlare di me, rispondere a domande personali, non lo faccio quasi mai: passo per un completo inetto o ometto parti fondamentali della mia esistenza senza accorgermene, solo perché personali e non adatte al mio interlocutore. Poi diciamoci la verità, non saprei che dire neanche a me stesso.

Parlo sempre di 'sta musica che mi ha cambiato l'esistenza, ma poi in concreto cos'ha fatto? Ha creato più giri di fumo nel cervello, ha fatto si che mi ponessi più domande e avessi più dubbi: contribuendo all'inadeguatezza VERA, ha strappato via pelle e l'ha gettata via, a volte vicino a qualcuno; mi ha lasciato ogni giorno il ricordo di quel pezzo lanciato talmente lontano da non sapere dove; mi permette, nonostante tutto di perdonarci e di sperare in qualcosa che sia aria per tutto; nello stesso tempo mi toglie anche l'ultima speranza. No way.
Tutto questo è un bene?

domenica 4 aprile 2010

Brutalism...


Provo un fastidio particolare agli occhi ora che provano a tirar giù lacrime, non so se per mancanza di esercizio, per coincidenza o per il pensato particolarmente pungente. Fatto sta, che mi fan male...
Un dolore come per compressione, per repressione. Qualcuno ha mai provato tutto questo? A qualcuno interessa rispondere a questa domanda? Non credo.
Prendere il cellulare e scriverti adesso sarebbe la sensazione di normalità che quasi è reale, è fattibile; poi mi chiedo quanta percentuale sei tu e quanto l'idea, ma gesùcristo oggi io voglio ripetutamente quell'idea. Voglio per un centesimo di secondo essere sopra tutti e tutto, con qualcosa. Sei te?

Un giorno ho scritto che la volta che avessi dormito con una ragazza quella sarebbe stata la persona con la quale passare il mio tempo tutto. Ero giovane, dolce e ingenuo: così è stato...ho accolto degli occhi pieni di lacrime ogni giorno. Ho provato ad asciugarli e leccarli ogni qualvolta; ho ospitato quelle lacrime sulle mie magliette, sui miei maglioni, sulle felpe, nel mio letto e sul mio corpo.
Ora, solo ora, mi rendo conto di non essere più così ed è pura nostalgia. pura come non lo è l'assenza di pensieri delicati. Non nego faccia anche paura.
Io muoio, intanto le cose passano e io do retta solo ai miei pensieri. Io penso, intanto la gente muore ed io insieme a loro e vorrei, vorrei talmente tanto da non fare nulla, da diventare pietra.

martedì 30 marzo 2010

il sogno di una vita, o di una fica?

Ma santoiddio-padre-curato (virgola e a capo),
o c'è qualcuno che porta sfiga o la ruota che gira è arrivata finalmente a me. Non dico di evitare la sorte, però così è troppo. Sorvolando sui tumori, sui cancri, sui pancreas che sembrano essere fatali quanto la conoscenza della loro posizione all'interno del corpo umano; sorvolando su Hodkins e la sua etnia.
Sorvolando, dunque, si arriva, e arrivo, a pensare che non è possibile tanta banalità, in quella che dovrebbe essere la propria vita e le proprie sensazioni. Banalizzare attraverso un comportamento naturale, sì non è colpa diretta, però appare comunque banale!
E allora mi ritrovo a dover quasi scappare davanti ad espressioni esagerate e caricaturali delle sensazioni. Che palle.
Io già scappo, però qui mi si da una mano...e pure grossa, sensi di colpa, ZERO!
L'unica cosa che vorrei è ciò che dicono gli Editors, ho bisogno di te che mi dici che è tutto ok. Ma so che non mi è possibile, non si può essere ciò che.
Non mi è più possibile, quasi fosse una maledizione, stare a godermi dei momenti liberi e liberamente, c'è sempre qualcosa, qualcuno.
Al sole di Roma, penso all'Islanda a come sarebbe lasciare tutto e stare lì, tra i sorrisi bianchi e luminosi. Ma poi, che cazzo dico.

Continua a parlarmi da quella pancia, ed io non voglio allontanarlo e come un figlio rimasto tra due persone che ormai son morte l'una per l'altra...voglio che possa parlarmi dal mio di corpo. Almeno smetterò di ricordare quelle linee. Ogni nota, poi, ha il trasporto e il peso di un treno passato senza fermate dal binario testa e schiantatosi al binario petto. Ogni canzone, ogni vinile è un viaggio di quelli che si ricordano: per il rumore, il botto e il dolore.
Ho deciso di farlo.

mercoledì 17 marzo 2010

niente che non abbia un istante decisivo.

Un viaggio è come un cambio di colori, un ritocco fotografico, una pazzia elaborativa; puoi essere esperto e riuscire nell'impresa, settare giustamente tutto l'insieme dando armonia e significato; ugualmente puoi toppare, seppur provandoci, tutto l'insieme, avvertire che è sbagliata la sintonia, la modulazione, il contrasto. Per dio, tutto.
C'è anche la via di mezzo, la giusta dose di scazzo e contentezza: tutto intorno a te è giusto, è come lo vuoi o l'hai sognato, dentro di te il disastro, l'incongruenza, l'INADEGUATEZZA (l'ho usata anche io! VOMITO). Passi il tempo a progettare lo sfondo al tuo corpo, lo disegni e tutto poi ti accorgi che è la tua faccia quella che non c'entra una sega. Che faccio cambio sfondo? Ma questa faccia qui sembra non andare bene neanche con le croci decrepite. Cambiamo faccia e persona allora? ma sì, parliamo di altro, di un altro 'sti cazzi di me.
Quello che voleva -colui del quale parlerò, onde evitare di parlare di un me che stona anche con la merda- era aprire tutto se stesso alla curiosità e alla bellezza. Ci riusciva tranquillamente, si portava avanti nella vita facendo ciò che sentiva gli procurasse piacere, giusto o sbagliato che fosse. Era un tipo che sbagliando e facendo bene aveva nome e cognome un viso e una corporatura da portare fiero nel mondo, che era solamente una cornice alla sua figura perfetta. Il mondo cercavo di modellarsi a lui per paura che lui lo cambiasse con sfondi diversi. Si sa, la luna non è poi così lontana per alcuni.
Non volendo comunicare una sera, non molto lontana, ho sentito battere la mia cassa toracica per la musica, da dentro quasi avessi ingoiato un amplificatore. Quelli cazzo, sul palco avevano tutto bianco, cazzo sei te! Cazzo io ho deciso di non volerti più sentire nè cercare, per effetto di troppe cose e ci sono arrivato dopo un secolo. Se rivedo quel cappotto bianco, di nuovo, per la strada, così, io-muoio-distrutto-da-uno-schianto. Il cuore. Giù. Per strada.
Con tranquillità. Bum! Buio....

venerdì 5 marzo 2010

cos'è?


Un fastidio diffuso.
Sento, anzi no non sento il perchè mi danno repulsione, perché sono pronto a scattarvi addosso come un cane rabbioso. Fatto sta che così è. nessuno escluso.
Pazzia, intolleranza, incomprensione, tutto questo? cos'è?
La solitudine è veramente qualcosa di apprezzabile, non per mancanza di altro, come ripiego, ma proprio come scelta ponderata e "felicitante".
E' inutile che io ci provi, nulla di ciò che ho visto si ricreerà mai, nulla. Dovrò vivere nella ricerca e morire nell'illusione.
Niente di più poetico. patetico? no, poetico. cazzo.
"ma sono fatta così" "sono così". Un bel paio di coglioni, siete così con me. Fottetevi allegramente in un parco mentre i pesci rossi sono lì a specchiarsi nella loro vanità.
Impossibile non tornare a quel giorno, a quelle lacrime che se non sapessi il giorno preciso direi di una 12enne; quel buio rotto solamente da piccole lucine sparse, quella mia maglietta bagnata da tutta te; l'ombra della stessa commovente storia che Katayama. Sempre quella cazzo di nebbia, maledico me stesso per non riuscire, per non essere riuscito, ad avere dritte le antenne e aperte le cellule del mio corpo. Finirà mai?
Smetterò un giorno di beatificare quei momenti, quelle persone?
Forse un giorno, ora voglio tornare a dormire per terra con una cascata di cartapesta sulla testa e lucine sparse tutte intorno.

sabato 27 febbraio 2010

Disconnessione.

Dei ricci, oggi. un sorriso. Folla, caldo tra le mani. luci veloci e lontane.
Colori, ieri e forse domani. attesa di qualcosa di certo, di già avverato, ieri. Ogni sguardo lasciato è, oggi, perso. Ieri era guadagnato alla causa.

Suoni. Mai stati più sicuri di oggi. ieri, un casino, un accozzaglia di idee e frammenti. Indefinibile stallo e/o blocco.
Mi manca Ieri, come mi manca Domani, da soffrirne il desiderio, certe volte, solo quelle. bastano.

Con questa sicurezza nella testa ho voglia di immergermi nella folla, solo che il mio corpo rifiuta ogni forma di avvicendamento, rifiuta la sua stessa essenza.
Sembra come: "polvere sei e magnesio tornerai". una roba simile, una nebbia estiva, di quelle: "ma che cazzo è, lo sai che quando c'è nebbia credo di amarti di più?"
Ecco cos'è. al solito perle sul rosa.

venerdì 12 febbraio 2010

Chissà se i morti usano internet.

Mi sono chiesto per molto tempo cosa avessero certi individui, le loro facce. Capitava che non riuscissi ad odiarli o semplicemente nella mia mente facevano breccia come cannonate, posizionandosi lì dove si posizionerebbe una carezza.
Facce grandi, capelli nerissimi in acconciature molto italo-americane. baffi. Me lo sono chiesto, ma con altrettanta velocità mi sono fatto passare l'entusiasmo e la ricerca di risposta.
Ieri la folgorazione banale: assomigliano tutte a quella faccia che è di mio nonno, la stessa faccia che è talmente sbiadita da poter essere confusa con qualsiasi altro ricordo. la sensazione di quella faccia, quella no. sta qui e lì.
Mio nonno è l'unico defunto per il quale riesco ancora a piangere, per il quale è impossible non nutrire rispetto e ammirazione anche "sei piedi sotto".
Un morto capace di essere stimato, tutt'ora, compianto e rimpianto. sono sicuro che lui adesso ci sarebbe stato. considerazione poco rischiosa.
Lo ricordo con buste della spesa più grosse ed alte dei suoi 180 cm - più o meno,- lo ricordo in macchina e avvolto in una nube grigia di pareti e fumo colpevoli di averlo ucciso. uccidendo la mia famiglia. ecco, sì, la mia famiglia credo sia morta lì.

Se anche avessero internet credo che lui non ne avrebbe familiarità. farebbe altro.

lunedì 1 febbraio 2010

le due finestre aperte.

Due finestre aperte: il futuro che saresti e potresti. Due donne con cui passeresti i diversi futuri. Due finestre appunto.
Due conversazioni. Cuori da una parte, medicine e malattie nell'altra.

Tutto è buio, nell'attimo proprio in cui faccio luce. Una cosa è certa: ho smesso di averne paura, diversamente dai miei 4 anni. ho cominciato ad averne della luce. Vedere ogni singola ombra o dettaglio è sconvolgente. sapere che se mai ci fosse un burrone non potresti superarlo nè risolverlo; vedere l'indifferenza di un oggetto di una foto, verso di te che l'hai creato che l'hai scattata. le persone che erano con te.
Il passaggio sulla corda è indolore fino a quando non esce il sangue. fino a quando il sangue non esce non senti e nn fai sentire -stasera è delirio.
Le due finestre sempre lì, si chiudono senza preavviso con saluti veloci, altre senza nemmeno quelli. Il treno della musica, intanto, viaggia sempre ad una certa velocità, ad una certa inclinazione di dolore, ad una percentuale di rock. Alle volte on credo di essere io quello che vedo, così distante da ciò che ho in testa: torno a casa e mi maledico per le cose non fatte o quelle fatte e fatte male, stupidamente. non è un moto migliorativo, solo cenere in un camino.

Poi ti scopro così donna ed indipendente, scopro che così devono essere le cose, che va il mondo, e mi sento spiazzato e, come un bambino, trascurato dal tuo modo maturo di stare al mondo. quasi non ci fosse bisogno di me. è così.
Ma ti scopro ancora più affascinante, l'unico pensiero capace di crearne altri, non solo negativi. Capace di commutare le interferenze di quelli che prima, in segnali di reazione verso di te e quelli che poi, prevalentemente, sono i tuoi colori. La cromoterapia, io ci andrei sottissimo, già è così. è stato così.

sabato 30 gennaio 2010

il microsolco

...capacità di un disco (di qualsiasi formato) di arrivare a solcarti l'interno corpo.
Mentre sto qui con la chitarra e i cerotti mi rendo conto della differenza che c'è: tra la mia e la vostra musica, tra il mio blog e i vostri.
La prima cosa che debbo notare -assolutamente, quasi fosse uno sfogo cutaneo- è che io mi sono salvato con una scritta su un LP ascoltandone un'altro, cioè un'azione combinata per la salvezza. Non pensate a roba di angeli o cose simili, molto meno poetico e catartico. C'è chi si suicida buttandosi da un ponte e, nel mentre che i polmoni si riempiono d'acqua, vede un angelo nella persona di una bionda mozzafiato che lo riporta in superficie. C'è chi legge una frase di un LP e decide di vedere fino a che punto possa far male e non distruggersi subito (la vigliaccheria più totale).
Il succo della frase era: il mondo non può essere così tanto una merda se tu, in questo momento, stai "sentendo". qui le varie interpretazioni si accavallano inutilmente, con certe teorie che non. Da lì ad adesso se ne son consumate di testine e l'impressione e che si continui a vivere grazie a questo, si cerchi di portare la propria vita verso quella salvezza, autoreferenziale che sia. Questa è il primo.
Poi c'è questo spazio virtuale appendice telematica di ciò che io. qui ci sarebbe da dilungarsi con spiegazioni e racconti sulla sua nascita. Ma la differenza è che voi scrivete per appagare il vostro ego, le vostre sofferenze e delusioni. io non per appagare, per incolparmi. Leggo blog infantili di ragazze zitelle che pensano ad insultare la bruttezza altrui invece di concentrarsi sulla propria, non rendendosi conto che le uniche persone che apprezzano sono altre zitelle o maschi-zitelle, che poco potrebbero interessarsi a loro. Ma questo non ferma l'umana idea di vedere il peggio lontano da sè. no non la ferma.
Ora che ho concluso il mio sproloquio torno a suonare con chitarra e Mac.


Count the saved, Count the last

giovedì 14 gennaio 2010

cosa ascolti musica, eh?!

Mi sono bastate due facce, cioè una, l'altra era un ricordo causato da un nome scritto. scritto dove, questo è il fulcro. Due persone verso le quali sentimenti diversi scaturiscono, ma non così diversi. sfumature di diverso. Uno con la faccia da maiale obeso, ormai, che ride felice ed appagato della sua inutile esistenza, con due orecchie di renna in testa. Ignaro di tutto quello che ha causato, o consapevole di tutto quello che ha causato: indifferente ai miei occhi la sua percezione. L'altro talmente laureato da presiedere egli stesso la sua discussione. talmente saccente da far rimbombare ancora nei ricordi quel suo: "ma quanto sei imperfetto?", talmente intelligente da accaparrarsi la parte autonoma della mia materia grigia e farsi stimare ed invidiare.
Vederlo nei collaboratori di quella rivista mi ha fatto traballare tutto, come fossi in equilibrio su assi di legno...io lì volevo mandare la mia richiesta di collaborazione. E ora? Cambia di nuovo...ma che sorpresa saperlo ancora attivo e lanciato nell'ambiente musicale, io che credevo avesse smesso. Ha cambiato modo di scrivere, non è più visionario come sulla sua creatura, ora scrive per un pubblico che non è poi così piccolo, deve arrivare e quindi svendersi. Chissà che pensa, io me lo chiedo.
Due differenti istantanee, scattate insieme. ora. per la gioia della mia pazzia.

martedì 5 gennaio 2010

giuro che in un'altra vita...

Azione compiuta dalla mia mente, ma non dal mio corpo. compiuta da chi mi passa vicino e dice di essermi. di sapermi.
Io sono qui a tirare frustranti somme sulla mia esistenza. Il risultato: il mio coltello sulla pelle.

"L'aria è rarefatta e il monopolio è loro.
il vuoto lo si guarda da lontano,
ma lontano non è mai da dove, io."

sabato 2 gennaio 2010

Love is not enought (serie di paragrafi di una mente contorta).

Per me è solo questione di periodo, come la fertilità. Un campo coltivato e poi tenuto a riposo. Niente si tocca con mano, neanche la possibilità.
Cosa più frustrante non esiste, dolore più lacerante non è possibile causare. Sono la ferita e l'arma stessa. La causa e l'effetto, lo sbaglio e il giudizio. Non posso continuare a stare così, provo repulsione e desiderio di morte che neanche un coltello esaudirebbe. lo porterei con me. ma da qui non è possibile scappare, sè stessi è posto peggiore dell'inferno. peggiore della vita stessa.

Ho le vostre foto in casa mia, le vostre mani sulle mie cose che ancora è possibile sentirle. ma non ho i vostri occhi e i vostri pensieri, mi è mancato così poco per arrivarci, così poco per essere mediocre ed appagato. Vedo il percorso con gli occhi di chi è andato a destra invece di uscire fuori strada e poi ripercorrere male il tratto mancante, e non so come interpretarlo. mi piace? vorrei essere io?
Ho incontrato una bambina a cui sanguinavano gli occhi e un brivido con la forza di un tuono mi ha scosso le membra. ero io o il tuono? Il mio animo si è portato ad asciugarle le gote, ma non gli occhi. quelli erano stupendi così, pieni di sangue. Togli a qualcuno il suo dolore ed il suo sangue versato e avrai solo inconsapevolezza. lascia il sangue al suo posto ed otterrai solamente altro sangue. La bambina con fare dovuto si è voltata ed ha proseguito il suo cammino, come niente fosse. niente è stato. un po' di sangue cosa vuoi che sia?
Sento il profumo di una canzone e odio vedere che fuori la luce va via non appena volgo lo sguardo. tutto sfugge al mio controllo tranne la mia vita. Tutto scappa e corre senza che io me ne accorga, che io riesca pienamente a comprandere. non è voluto lo giuro. vorrei che qualcosa rimanesse per sempre che ne fossi sicuro e che non fosse questa mia esistenza, non è così che deve andare non è così che sono fatto.
"Erano luci di un bagliore tanto forte da spegnere una vita,
eravamo tanto soli da spegnere le luci fuori, non era il buio nè i suoi fantasmi.
sotto la terra che trema, siamo noi i fantasmi di quel tempo.
noi giriamo come mai esistiti, bianchi di sofferenza."