Forever Lost

Ogni qualvolta mi perdo dietro di te, di voi e conseguenti manie depressive. Ogni volta comincio a scrivere dell'infinità che c'è dietro, dell'impossibilità di perderla per la via. Ogni volta mi chiedo come accade, come posso farcela a non smollicarmi per strada. Ogni volta qui mi ritrovo. E da qui mi perdo.

domenica 24 ottobre 2010

when the clouds.

Perdere se stessi in giro, in mezzo alle persone, dietro a dei jeans stretti e cose così. oramai lascia un senso che poco ha di normale, una sensazione di perdita di contatto. una voglia irrefrenabilmente astratta, un urlo soffocato dove tu sei fra i denti.
Troppe volte mi chiedi come sarebbe stato se fosse stato adesso, sarebbe ancora e ancora. Il mio essere pronto è sempre in ritardo sui tempi e sulle esigenze, sempre tardo. Ora qui pronto per niente, prima lì non adatto a quel tutto. una frustrazione assurda, un continuo confronto con una caduta dolorosa, una ferita che non sembra rimarginarsi.
Una canzone, ancora una volta, mi salverà. spero.

martedì 19 ottobre 2010

ho una costante.

Il dilemma è questo: sono simpatico alle persone nella parentesi di un' interazione, nel puro vivere accanto; nel momento in cui posso ricevere giovamento dalle persone (ovvero possano fare qualcosa che mi sia utile o vantaggioso), ecco qui che escono fuori invidie, gelosie, fastidi e conseguenti ritorsioni.
Il tutto condito da una buona dose di ipocrisia, furbizia, rimanendo nascosti dietro i vari sorrisi e le cazzate che la mia figura esercita e suscita.
Non so realmente il processo chimico qual è né, tantomeno, quale sia la caratteristica che faccia sorgere tali pensieri e tali sentimenti. Fiutano il marcio? i miei pensieri mi si leggono in fronte, per questo reagiscono quasi tutti così?
Allora io mi stanco e aggiungo alla mancanza di, il suo tutto fino a raschiare il fondo...fino a che quello che raschio non siano altro che le mie ossa sotto le unghie. Scavando escono fuori troppe cose sporche, dimenticate o non immaginate, così è: il mio cinismo e la mia cattiveria (a sporcare), la voglia di essere qualcos'altro che ora non piace e non serve (per il dimenticato), la paura e il bisogno di avere qualcosa che ti sappia in tutto e per tutto, con cui dire: "non ci sanno".
Dinanzi a questo vacillo, lobotomizato com'ero e sono, da un'esistenza solipsistica ed egocentrica al paradosso negativo del tutto; ma non è un vacillare come dovrebbe, no, è la solita immobilità. Torna a fasi alterne, si fa sentire, poi scappa per lunghi periodi, poi telefona e accorcia la distanza, poi viene a trovarmi e rimane da me per tempo e modo indeterminati, fa male e scalfisce tutto anche le ossa di cui sopra.
Si muore soli e ci si vive anche. qualche volta.

domenica 17 ottobre 2010

quisque faber fortune...un par de palle.

Un buon inizio, cosa? dove? quando e come?
Cominciamo bene cioè che si voleva essere un "buon inizio", al solito epifania al sapore di asfalto per il mio corpo, costretto di nuovo a rialzarsi e convivere con delusione e dolore.
Credo che l'unica via sia: cambiare aria, per un po' o per sempre, ma cambiare aria...l'aria si è fatta pesantissima, le persone che vedo intorno non riesco a focalizzarle, ma solo a odiarle d'istinto subito, di rimando agli sguardi; vengo urtato dai suoni, dalle idee e dalla loro assenza, creati da altri esseri umani; non riesco mai -e dico mai- a sentirmi affine a qualcosa o qualcuno, c'è sempre un gap incolmabile tra tutto quello che ho in testa io e quello che dicono e provano gli altri, lì fuori. Che clamorose due palle.
Ma quand'è che basta?
Quand'è che mi decido a cambiare aria, oramai puzzo anch'io.

mercoledì 13 ottobre 2010

3055.

E' tutto qui, quello che so e sappiamo fare di noi? E' tutta vera la solitudine che si prova su un letto sapendo che si sta per morire?
Semplice da aprire fessure di follia nei muri, figuriamoci nella testa che di duro non ha molto; figuriamoci come saremmo noi lì sdraiati con gli occhi spenti e il respiro stanco, di aver vissuto poco, stanco di dover già lasciare qualcosa che noi non abbiam trovato, Lui sì.
E allora la banalità di chiedersi se vale la pena sbattersi per "una pausa dalla morte" che breve è, sconvolgendo anche il termine stesso.
E' uno scenario particolare per me, guardare persone amate in quel modo, certi sentimenti mi provocano stupore e rispetto; profondi interrogativi affollano la mia mente capace di percepire il dolore ma mai il sentimento che lo precede e lo genera insieme al negativo. La mia ricerca continua di comprensione, lì dove non è detto che arrivi, mi fa perdere contatto con la realtà e con le persone che rgravitano lì fuori...qui si sta così bene, vorrei entrasse qualcuno in questo momento esatto per vedere che anche i miei occhi son capaci di lacrime quando hanno delle cuffie e dei tasti...
Vorrei che si vedesse la mia anima e che non facesse paure se inadatta o poco all'altezza, vorrei non dovermi sforzare di provare le cose che provano tutti, vorrei on dover lottare per sentire qualcosa di "buon livello", vorrei non dover usare la fantasia a compensare i numerosi vuoti, - diomio.
Un saluto era d'obbligo, a te, poi a te e alla realtà che è stata abbandonata del tutto ma nella quale ho deciso di muovermi degnamente.

martedì 12 ottobre 2010

noi rincoglioniti

Passando per i soliti posti romani (si dice sia grande ma Noi ne abbiam visto sempre la stessa faccia); ecco, passando per lì si vedono molteplici aspetti verso i quali avere l'orticaria o verso i quali opporsi con tutto il proprio sè.
Tanizaki teorizzava sul nostro irritare alcuni sensi atrofizzandone altri: mancanza di armonia. Ecco noi siamo lo stereotipo, il soggetto al quale Tanizaki guardava mentre elaborava la sua teoria.
Questa è una città di violenti a partire dalla loro estetica aggressiva, di incazzosi repressi. Ogni qual volta me ne immergo, poi mi ripeto che non voglio rimanerci, poi mi do dello sciocco, poi mi deprimo; le fasi del lutto delle mie voglie.
Questa è un posto in cui nessuno è, tutti fanno la corsa ad apparire: nei centri commerciali a fingere di essere felici e con un po' di soldi, con la macchina a fingere di riuscire ad arrivare a fine mese, con le tasche vuote ma col televisore da 52", con i cervelli atrofizzati dalle marche e dalle televisioni a fingere...anzi no, a non fingere di essere svegli, ce lo spiattellate davanti agli occhi semplicemente.
Noi rincoglioniti ad aspettare di cambiare aria sorbendoci il pattume, aspettando qualcuno che forse doveva venire da noi ed invece, come sovente capita, non c'è.